La Vendetta di Colafella

04-01-2023 10:13 -

Pacentro, 01 Gennaio 1861, Angelo Camillo Colafella, nato a San Giacomo di Sant’Eufemia a Maiella veniva da un ambiente povero. Braccato dalla miseria, quindi, dal 1852 al 1860 ebbe problemi con la giustizia borbonica andando in carcere per ben tre volte. Riuscì, tuttavia, sempre a fuggire. Nel mese di ottobre 1860 fu, insieme a suo fratello Raffaele, protagonista della reazione dei paesi dell’Orta (Carmanico, Sant’Eufemia, Salle, Musellaro) divenendone il capo dopo essersi autoproclamato capitano della guardia nazionale e “guerriero di Francesco II”. Nel mese di novembre dello stesso anno ebbe modo di incontrare l’ultimo re di Napoli a Gaeta durante l’assedio finale ad opera delle truppe sabaude. Tornò in Abruzzo e portò l’insurrezione a Palena ma l’esperienza durò poco. Molti dei suoi compagni furono catturati. Egli, però, era ancora libero e pronto ad operare e portare avanti la sua personale resa dei conti. Infatti, durante il mese di novembre, mentre i fratelli Colafella erano a Gaeta, il padre Berardino ed alcuni famigliari, tra i quali anche la fidanzata del brigante, Maria Domenica Paolucci, furono arrestati dalle guardie nazionali di Pacentro, poiché furono sorpresi a vendere oggetti depredati durante la reazione di Caramanico e paesi limitrofi. Ora, Colafella, che dopo i fatti di Palena si ricoverò a Filettino nello stato Pontificio, venne a sapere da alcuni informatori che i suoi famigliari erano stati arrestati e forse malmenati per ordine del capitano della guardia, don Raffaele Buccitelli. Questo poteva essere la miccia che avrebbe fatto esplodere la fiamma della vendetta. Il 29 dicembre partì con una decina di uomini dal paese laziale e, attraversando la valle Granara, giunse nella zona del Fucino; da lì proseguì verso Sulmona, dove arrivò il 31 sera. Alle 4 di mattina del 1° gennaio 1861 i Colafella, insieme a Francesco di Giovine, Domenico Palmieri ed un altro uomo, entrarono armati in Pacentro. Il resto della comitiva si trovava senza armi. Era necessario, per questo, attaccare prima il corpo di guardia per rifornirsi di fucili e munizioni. Fu facile per loro giungere nella piccola caserma dove vi era di guardia solo Ercole Gasbarro. La guardia non potè opporre resistenza ed i cinque riuscirono a prendere solo due fucili. Le armi si trovavano nelle case di ogni singola guardia nazionale di Pacentro e non era possibile per ora pensare ad un’invasione dell’intero paese. Così costrinsero Ercole a condurli verso la casa del capitano della guardia e bussare alla sua porta. Raffaele Buccitelli in buona fede aprì e si vide entrare in casa Angelo Colafella, Francesco di Giovine e Domenico Palmieri. Chiesero dove fossero le armi, ma lui disse di non averne in casa; quindi lo invitarono a dar loro dei soldi. Il Buccitelli abitava insieme ad un suo zio prete che, svegliato dal vocio, accorse tutto spaventato. Lo zio sul momento radunò 15 monete di rame e d’argento e li consegnò ai tre. Nel frattempo la moglie del capitano uscì di casa e corse a gridare aiuto. Qualcuno avvertì le sue grida ed uscì di casa, sparando un colpo in aria per svegliare i vicini. Bastavano pochi minuti e tutto il paese sarebbe uscito in armi contro gli invasori. Colafella era in trappola, ma non desistette dalla sua vendetta. Puntò la pistola contro Buccitelli e lo freddò proprio sul cuore. Fatto questo, Angelo e gli altri fuggirono verso Sant’Eufemia e Caramanico.

Il tempo di colui che sarà ricordato come Brigante di Sant’Eufemia, però, stava volgendo al termine. Pochi mesi dopo, infatti, fu catturato dalle forze sabaude in una rocambolesca azione.

A cura di Nunzio Mezzanotte - Documenti tecnico – scientifici del PNM n.10

Iniziativa promossa con i volontari S.C.U. – Ilaria Di Prinzio, Valentina Di Prinzio, Sebastian Giovannucci


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