08 Maggio 2024
Un Parco di Montagna affacciato sul Mare

PRIMIANO ED IL SEQUESTRO DI CECCO

FARA SAN MARTINO IL 30 GIUGNO 1864
La mattina del 28 Giugno 1864 un commerciante di Fara San Martino, Giovanni Di Cecco, era partito molto presto e risalendo il fiume Aventino raggiunse Palena. Era diretto verso la città di Sulmona per affari e per questo iniziò a salire verso il Guado di Coccia. Si tratta di un valico naturale e non arduo da attraversare tanto da mettere in stretto legame le comunità di Palena e di Campo di Giove per secoli. Giunto alla sommità del passo si fermò per riposare. Guardava dinanzi a sé. Campo di Giove era ad un paio d’ore di cammino là in basso. Vedeva l’intera conca Peligna circondata da monti ed infine scorgeva i monti della Marsica. Lungo il percorso aveva visto diverse greggi di pecore e capre pascere a ridosso del versante sud-est del Porrara. Aveva salutato diversi conoscenti pastori e non si allarmò poi tanto quando si avvicinarono alcuni ragazzi, anche se, da quando vi era stata l’Unità d’Italia, quei luoghi erano diventati più pericolosi a causa della reazione di molti al nuovo governo costituitosi. Quando però vide pistole, fucili e pugnali allora capì che non era in presenza di un tranquillo incontro. «Faccia a terra!», gli intimarono quegli uomini e subito fu circondato da quelli. A capeggiare quella forza era il noto Primiano Marcucci di Campo di Giove. Venne catturato e condotto in posti meglio difendibili. Dopo essere saliti sulla zona di Tavola Rotonda, proseguirono per il fondo di Femmina Morta per attraversare l’omonima valle e raggiungere grotta Canosa. Tale spelonca, come molte della zona, serviva come riparo dalle intemperie per i pastori che salivano fino a quella altitudine con i loro armenti.

Il gruppo, poi, si diresse nella Valle Cannella. Nonostante il sole, la fatica e la forte tensione, Giovanni si avviò a scendere verso il vallone che conduceva al suo paese di Fara San Martino. Giunto in località detto «piano della casa», trovarono una grotta denominata «dei porci» e vi si fermarono

Primiano ordinò al prigioniero di scrivere un bigliettino indirizzato alla moglie in cui richiedeva cibo e vestiti in cambio della vita di suo marito.

Tale missiva fu affidata ad Antonio di Santo, un falegname di Pennapiedimonte, che abitava a Fara. Questi raggiunse la famiglia Di Cecco, con il messaggio, la sera stessa. La famiglia, evidentemente, era in difficoltà e inviarono prima 100 ducati e, alla pressione della banda tramite nuovo messaggio, altri 75.

A questo punto, intervenne direttamente il luogotenente dei Real carabinieri di Lanciano, che venne a sapere della presenza dei briganti nella località denominata il «campanaro», sotto il colle «sferracavallo», nel tenimento di Guardiagrele. Qui la fitta vegetazione di pini mughi nascondeva la banda di Primiano dagli avvistamenti dei militi. I briganti conosceva ogni anfratto della Maiella orientale e per questo era difficile, se non impossibile, prenderli. Il luogotenente, con i suoi ufficiali, decise di creare tre gruppi di perlustrazione insieme alle guardie nazionali muovendosi da Palena, da Pennapiedimonte e da Palombaro.

Le ricerche, iniziate, il 29 giugno proseguirono fino al giorno successivo. Poi, intorno alle 15, la colonna di Palombaro prese contatto con la banda Primiano sulla schiena della montagna Colle Portelli. I briganti non accettarono lo scontro e fuggirono verso il monte Raparo. Nel frattempo, Giovanni di Cecco riuscì a fuggire dai carcerieri e si defilò nella valle del Forcone quando incontro Antonio di Santo venuto a portare altri soldi per il riscatto.

I due, così, proseguirono la propria corsa verso Fara imboccando la val Serviera. Qui, all’atezza della cima della Stretta, incontrarono un gruppo di guardie nazionali di Palombaro. Credendo che i due fuggitivi fossero briganti, i soldati iniziarono a far fuoco. Giovanni cercava di gridare e dire che si stavano sbagliando ma l’adrenalina era altissima e gli spari con il loro eco nella valle non facevano distinguere le parole. Antonio di Santo fu colpito in pieno volto da una pallottola vacante e morì sul colpo. Poi le grida continuative di Giovanni fecero capire ai militi l’errore. Il giovane negoziante di Fara San Martino, alla fine della giornata, potè rivedere la propria famiglia. Il falegname di Pennapiedimonte, invece, non tornò più dai suoi cari. Primiano ed i suoi, invece, continuavano a nascondersi sui monti della Maiella dimostrando sempre più la loro imprendibilità.

La vicenda scosse molto il signor Di Cecco che durante il sequestro fece voto alla Madonna per aver avuta salva la vita. Quando ritrovò la libertà egli lasciò nella chiesa della madonna dell’Uliveto, proprio all’imbocco della valle, una piccola dedica che riporto qui di seguito

«Tu che passi in questa via, ferma il pie, lodi Maria a D(ivozione) di Giovanno Di Cecco del fu Stefano, per essere liberato da questa Vergine immane dei malviventi su la cima di questa montagna. A(nno) D(omini) 30 giugno 1864».

a cura di Nunzio Mezzanotte “Briganti della Maiella, personaggi, luoghi e avventure”; Documenti tecnico – scientifici del PNM n.10
Iniziativa promossa con i volontari S.C.U. – Ilaria Di Prinzio, Valentina Di Prinzio, Sebastian Giovannucci
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