La tutela dell'erba vescica
Progetto editoriale con la collaborazione del fotografo Bruno D'Amicis
Quando si pensa ad una pianta carnivora, la prima cosa che viene in mente sono immaginarie e mostruose creature da film horror o cartoni animati, con lunghe foglie simili a tentacoli e gigantesche corolle dentate in grado di ingoiare un malcapitato in un sol boccone. Per chi è già più avvezzo di biologia, magari, possono tornare invece alla mente immagini di specie tropicali, come le nepente, con i loro fiori dalla forma di piccoli otri, che attraggono al loro interno gli insetti offrendo dei liquidi zuccherini. Alzi il dito chi non ha mail acquistato al vivaio un vasetto di Dionaea, le cosiddette “venere acchiappamosche”, magari giusto per osservare con curiosità e, forse, un pizzico di sadismo, mentre catturano le prede con le loro foglioline a tagliola. Resta il fatto che qualunque sia il punto di vista da cui le si guarda, le piante carnivore sono connotate da un'aura sinistra e aliena, quasi provenissero da altri mondi.
Le piante carnivore o, più correttamente, insettivore, sono in genere specie particolarmente adattate alla vita in habitat difficili.
Vivono su suoli poveri o in condizioni sfavorevoli per altre specie, a causa della scarsità di azoto o dell'eccesso di acidità. Esse sopperiscono a queste mancanze nutrendosi di prede viventi, quasi esclusivamente invertebrati, che catturano con diversi stratagemmi e che poi digeriscono grazie ad enzimi particolari.
L'evoluzione si è sbizzarrita con le piante carnivore e, nelle varie specie del mondo, i meccanismi di intrappolamento delle prede possono essere molteplici. Ad esempio, ci sono trappole “ad ascidio”, come quelle delle succitate nepente o di altre specie tropicali, nelle quali, particolari foglie modificate formano un contenitore in cui gli insetti cadono all'interno; quelle a “nassa”, in cui foglie cave e ricoperte di peli inclinati bloccano il movimento di prede acquatiche e, ovviamente, spettacolari trappole “a scatto”, come quelle delle appariscenti Dionaea, le cui foglie, attraverso un complesso processo chimico-fisico, si chiudono in seguito allo stimolo tattile provocato da un insetto.
Anche in Italia ci sono diverse specie di piante carnivore, con i loro rispettivi meccanismi di cattura delle prede.
Sulle Alpi e nell'Appennino settentrionale, si trovano alcune specie del genere Drosera: piccole e belle piantine tipiche delle torbiere e dai caratteristici tentacoli appiccicosi che, come dita di un bimbo sporche di marmellata, trattengono fermamente i piccoli invertebrati di passaggio. Anche le pinguicole, di cui in Appennino ci sono ben 4 specie endemiche, ovvero esclusive di alcuni massicci montuosi, tra cui la Maiella con la “sua” Pinguicula fiorii, hanno un sistema di cattura “adesivo”, con delle foglioline che secernono una mucillagine viscosa che intrappola le prede.



Momenti delle operazioni di restocking dell'erba-vescica nel Lago Battista
Le trappole ad aspirazione, invece, sono prerogativa del genere Utricularia. Queste piante acquatiche posseggono delle vescicole di pochi millimetri a forma di sacco, nelle quali, attraverso una pompa osmotica, riescono a creare un vuoto parziale. Le vescicole sono chiuse ermeticamente da una piccola porta e sono dotate di peli sensibili. Gli invertebrati acquatici, come le piccole dafnie, che toccano questi peli provocano l'apertura della porticina e vengono così risucchiati all'interno delle vescicole.
Questa pianta straordinaria non è frequente nel nostro Paese e, in Abruzzo, è stata individuata solamente in due località. Una di queste è proprio il piccolo Lago Battista, nel Parco Nazionale della Maiella, dove è stata localizzata nel 2013.
A causa della sua estrema rarità e grande sensibilità alle modifiche ambientali, l'erba-vescica (Utricularia australis) è una specie fortemente minacciata d'estinzione. Per salvaguardare la piccolissima popolazione del Lago Battista, nel 2015 è stato intrapreso un progetto di riproduzione ex-situ, all'interno del Giardino Botanico “Michele Tenore” di Lama dei Peligni. Mentre, a partire dal 2022, i tecnici del Parco hanno iniziato una delicata fase di restocking, ovvero di rinforzo della popolazione selvatica, reimmettendo le piantine nel Lago Battista e in altri specchi d'acqua adiacenti.

Dettaglio dell'Utricularia con le sue vescicole galleggianti
[
] [
]
[
]
[
]
[
]
[
]
[
]
[
]







